La Brand Identity non è altro che il modo in cui un’azienda sceglie di presentarsi al mondo esterno. La prima impressione che diamo agli utenti nel web e fuori è influenzata da tutto ciò che inseriamo nella nostra brand identity, ed è per questo che è necessario curarla nei minimi dettagli e soprattutto è la prima cosa che dobbiamo creare. 

Ma da dove possiamo cominciare il nostro lavoro? Sicuramente partire dal Naming è la scelta migliore.

Naming: cos’è e come crearlo?

Come il nome di una persona è la prima connotazione ufficiale della sua esistenza, così per un brand il marchio è il primo ed essenziale tratto che stipula la sua realtà.

Si tratta di un nome che “fa la storia” ̶ con modestia parlando, perché esprime la storia di un’identità: di un modo d’essere, di fare, di agire. È il concentrato di una parola per inquadrare una precisa quanto complessa identità, ruolo ed offerta, che verrà così individuata da qui in avanti proprio con quella parola. Insomma un nome che avrà il potere di qualificare il brand, di farlo riconoscere e un riferimento scelto da qui a per sempre (o quasi). Il primo step nella comunicazione rivolta all’esterno, il primo tassello della Brand Identity. Battesimo non da poco, dunque, per il quale una Web Agency, nella figura del copywriter, si dedica con particolare cura, attenzione ed investimento creativo.

Esistono infatti dei principi guida da seguire nell’attività di naming professionale, che si basano sul rispetto di avveduti criteri di riferimento: il nome da elaborare dev’essere infatti completamente inedito, ovvero libero da registrazione e, quanto più possibile, evocativo, memorabile, incisivo, di piacevole sonorità, oltre che perfettamente sintonizzato su ciò che si vuole comunicare.

Un lavoro che impegna analisi, ricerca, approfondimento, prima di tutto, per conoscere a fondo il brand, coglierne la missione, i valori che lo animano e la cifra distintiva, nel contesto dei suoi competitor, di cui è bene studiare usi e costumi. Una fase di preparazione atletica che svolge un ruolo fondamentale, per lasciare poi libero spazio alle evoluzioni creative dell’immaginazione, in un processo dove suggestioni, associazioni di idee, personificazioni, acrobazie sinestetiche e visualizzazioni mentali innescano la scintilla.

Ma non sempre lo slancio creativo vien da sé, a volte si tentenna a prendere l’abbrivio verso la giusta inventiva e per questo è bene avere in serbo dei trucchi per solleticare la propria fantasia. Quali? Ecco 3 input creativi che aiutano a stimolare l’ispirazione e a mettere in marcia la giusta dose di estro che serve per la pratica di naming.

#1. Fatti un film! Dai al brand le sembianze di un personaggio.

Se già nella fase di analisi ci vengono in aiuto i 12 archetipi di Jung per individuare la personalità del brand e ricondurla ad un tipo di umanità con determinate inclinazioni e modus operandi, fai un passo oltre: immagina il brand come una persona in carne ed ossa!

Attingi dal tuo serbatoio di suggestioni cinematografiche, letterarie, artistiche, esperienziali e crea la fisionomia del tuo Brand Ambassador, a partire dal suo aspetto fisico, dal suo look, dalle sue espressioni tipiche e dalla gestualità che lo accompagna. Sviluppa il profilo del tuo personaggio, il suo lavoro, i suoi interessi, il suo nucleo sociale, il suo stile di vita, la sua situazione sentimentale, le abitudini più personali ed elabora mentalmente –o ancor meglio, penna alla mano– la sceneggiatura di una sua giornata tipo. Non essere tirchio di particolari, quanti più aspetti riesci a mettere in campo, tanti più spunti preziosi avrai per nutrire la sfera semantica di riferimento da cui partire, intascando parole-chiave su cui lavorare.

#2. Gioca a “Inside out”: traduci ogni valore con delle immagini.

Hai visto Inside out? Nella brillante animazione Disney Pixar tutto il mondo della psiche è tradotto in immagini: le emozioni sono personificate, i processi cognitivi e i meccanismi psichici sono rappresentati per vivide metafore.

Ora, non è esattamente a un procedimento di personificazione quello a cui adesso ci riferiamo, ma ad una tecnica di associazione di idee. Un modo per costruire l’iconografia percettiva di determinati concetti. Quali? Quelli che descrivono i valori del brand. Ad ogni valore che riguarda il tuo brand attribuisci una serie di elementi concreti (come oggetti, luoghi, animali, piante, fenomeni fisici, persone celebri, azioni) che ti riconducono a quel significato: in questo modo avrai generato la mappa concettuale e guida per lo sviluppo del naming e un parterre di termini evocativi che germoglieranno davanti ai tuoi occhi.

#3. Anestetizza la logica, fai freestyle con le parole.

Questo step presuppone l’elaborazione già avvenuta di una mappa concettuale e non solo: la successiva raccolta intuitiva di una folta serie di parole, ma anche espressioni, modi di dire, nomi propri, motti, vocaboli slang, titoli, versi conosciuti in italiano, in inglese o in altre lingue. Da qui, poniti di fronte alla tua collezione di parole, disattiva il più possibile il controllo automatico del raziocinio e lasciati andare all’improvvisazione sonora.

Fusioni, inversioni, rime, onomatopee, accostamenti ritmati ̶ pronunciati ad alta voce e magari canticchiando ̶ daranno vita a costrutti e neologismi di ogni sorta. Permettiti di essere insensato, irriverente e giocoso: concedi al tuo flusso creativo piena libertà di movimento e d’azione perché da questo bagaglio di risorse potrai fondare valide bozze preparatorie per la definizione del naming.