Dalle nuove regole per gli influencer, le trasformazioni in atto nella comunicazione social e nel marketing
Il caso Pandoro Gate chiude l’anno 2023, per incoraggiare la messa in pratica di una regolamentazione stabilita e univoca da applicare al mondo dell’influencer marketing.
A inizio di quest’anno infatti l’Autorità garante delle Comunicazioni (AGCOM) pubblica le nuove Linee guida per l’attività degli influencer in Italia: un vero e proprio codice etico-disciplinare al quale dovranno attenersi gli influencer da 1 milione di follower in su e un engagement rate medio a partire dal 2%, pena sanzioni di grosso calibro. AGCOM, sulla base dei dati ufficiali raccolti a proposito della consistente rilevanza del ruolo degli influencer nel mercato odierno, parte proprio dal principio di riconoscimento di questa categoria professionale, considerata alla pari degli altri fornitori di servizi di media audiovisivi.
Agli influencer vengono allora estese le direttive del Testo dei servizi di media audiovisivi a tutela del diritto d’autore, dei diritti fondamentali della persona, dei minori, dei valori dello sport e in tema di trasparenza e correttezza informativa e commerciale. In particolare, si impone il divieto di pubblicità ingannevole e, prima ancora, il divieto di pubblicità occulta, con l’obbligo di contrassegnare in modo immediatamente riconoscibile i contenuti sponsorizzati. Un passo questo che segna l’inizio di un’evoluzione sul fronte della comunicazione social e, soprattutto, sulle dinamiche del marketing tramite influencer, condizionandone modalità, tendenze e inclinazioni.
Quali cambiamenti allora ci possiamo attendere nel settore? Proviamo ad indagarlo insieme, partendo da come si sta evolvendo il rapporto tra influencer e utente-consumatore e, di conseguenza, tra influencer e azienda-produttrice.
Influencer e consumatore: un dialogo più autentico, informato e diretto
Il divieto di pubblicità occulta per gli influencer dà agli utenti la possibilità di riconoscere con certezza i contenuti che sono frutto di una partnership retribuita. Questo fattore porta l’utente da una parte a fruire dei contenuti in modo più rilassato e aperto, dall’altra a prestare sempre meno attenzione verso ciò che costituisce dichiarata pubblicità. In poche parole, nei confronti della comunicazione complessiva dell’influencer, l’utente è portato a porsi in modo più bendisposto, ma contemporaneamente, un po’ meno interessato e coinvolto. E proprio su questo punto si misurerà allora la necessaria capacità degli influencer di riuscire a mantenere il giusto equilibrio tra contenuti del tutto spontanei e contenuti sponsorizzati, senza tradire il proprio stile e personalità, per mantenere alto e costante l’interesse dell’utente. Approccio del tutto favorevole, perché l’utente che non perde interesse e resta “fedele”, prenderà inevitabilmente in considerazione, per “proprietà transitiva”, anche la sfera brandizzata che l’influencer porta avanti.
Ci aspettiamo quindi un cambiamento di rotta da parte degli influencer ̶ spinti a difendere con più attenzione la propria credibilità ̶ verso una ricalibrata selezione delle proprie partnership in luce di maggior compatibilità e interesse nei confronti dei valori e delle qualità che il brand rappresenta. Poche sponsorizzate ma buone, si direbbe! Più contenuti informativi, calati sulla quotidianità dell’utilizzo o dell’applicazione di un dato prodotto, con una maggiore conoscenza della materia, anche in termini tecnici. E soprattutto un dialogo ancora più diretto e interattivo con la propria fanbase, per dimostrare attenzione, vicinanza e autenticità.
Influencer e brand: un rapporto basato su affinità e qualità
Nel contesto di questa evoluzione nell’approccio comunicativo degli influencer, le aziende ora selezionano i loro ambasciatori, basandosi non più solo o principalmente sul buon rapporto fama/prezzo (ovvero tra numero di follower in attivo e cachet richiesto), ma soprattutto sulla coerenza della personalità dell’influencer con i valori e l’identità del brand. Inoltre, l’ampiezza del seguito di un influencer perde d’importanza rispetto alla “qualità” della sua influenza, rappresentata da una community coesa, attiva e con interessi davvero in comune. In quest’ottica acquista allora terreno piuttosto quella fascia di “medio e micro-influencer” capaci di stringere con i propri follower una connessione più autentica, diretta e focalizzata su specifici argomenti. Influencer che già parlano ad un target ben definito e complementare a quello del brand, per interessi e preferenze, e che lo fanno secondo principi e valori che incontrano la filosofia stessa dell’azienda.
Non a caso osserviamo come lo scouting di molte aziende sia sempre più accurato in questi termini, per rilevare creators informati e il più autentici e credibili possibile nei confronti dei consumatori di riferimento. Per concludere, in parallelo, con un inedito sviluppo dell’influencer marketing anche nell’ambito del B2B, dove un mondo di influencer ancora più di nicchia, ovvero quello dei “professionisti-influencer”, specializzati in una determinata branca lavorativa, possono aiutare l’azienda a raggiungere una precisa categoria di professionisti, collaborando con voce autorevole e una target-audience già indirizzata.